L'Unità sulla neve. I Nomadi in bianco
Scritto da Nando dalla Chiesa
Monday 15 January 2007
Allora, ho una buona notizia da darvi. Alla festa delle nevi (senza neve) dell’Unità il microfono funziona. Proprio come ai convegni della destra. Nel senso che tu accendi un pulsantino e senti davvero e subito la tua voce nel microfono. Insomma non succede nulla del solito tormentone da sinistra tecnologica: si sente?, nooo, (armeggio), così si sente?, voceee! parla più forte!, e così?, neanche!, ci vuole un tecnico! dov’è il tecnico? (nel frattempo arriva un volonteroso dal pubblico e armeggia con maestria, il microfono fischia da lacerare i timpani), allora parlerò a voce tanto si sente, nooo qui in fondo non si sente, oh ecco il tecnico (gridolini), ecco si sentee?, sììì, così va bene (e allora si inizia). Ecco, ad Andalo nulla di tutto questo, la tecnologia funziona a meraviglia, pare che ci sia “un buon service di compagni”.
Ieri pomeriggio è stato molto bello. Arrivato con cappotto blu fuori ordinanza. Trovato perfino un maresciallo dei carabinieri che da giovane, quando aveva già affittato un abito buono per fare colpo su una “lei” la notte di capodanno, venne portato senza preavviso dal suo generale a fare gli auguri a una sperduta stazione dell’Arma in Val d’Aosta. Trovata una studentessa di sociologia che da bambina-ragazzina mi fece la campagna elettorale per la mia candidatura a sindaco di Milano (sigh…). Trovata un’anziana coppia della Margherita di Genova. Che bello viaggiare per politica, si vede questo e altro. Sono quelli che chiamo i “pregi collaterali” e valgono dieci volte più della fatica. Come l’aria purissima di ieri notte o il colore azzurro che sembrava finto, stamattina prima che sorgesse il sole. Mi ha presentato il libro una giovane avvocatessa di Rovereto, Francesca Pollini, che mi ha stupito per la sensibilità con cui lo aveva letto e pensato. Senza aver vissuto niente di quelle storie e abitando in una regione che sta all’altro capo d’Italia. Centinaia di persone, non per me ma per Fassino (che ha tirato il “bidoncino”, è apparso in filmato in cassetta) e poi per Rosy Bindi e Marina Sereni. Comunque hanno ascoltato, in un clima di coinvolgimento che coinvolgeva anche me.
So la domanda: e da mangiare? Sissignori, c’erano le cucine dei militanti di partito, versione menù trentino e versione menù marinaro. Da non credere. Mi pare di averlo già detto ma lo ripeto: ho un’ammirazione sconfinata per queste persone, che con il loro volontariato che sa di fritto hanno consentito e consentono alla nostra democrazia di avere una delle più grandi occasioni di dibattito e incontro. Temo che siano una specie in estinzione. Una specie superiore, però. E vorrei tanto che il partito democratico nascesse portandosi dietro e dentro queste tradizioni. Bisogna dirlo: c’è nelle feste dell’Unità come il segno di una umanità più densa; lo so, a volte troppo benevola con i suoi idoli (e le feste degli altri partiti? mai viste?), ma appassionata e ospitale come se ne trova in poche occasioni. C’era un giovane di nome Giuliano a dirigere tutto questo e gliene voglio rendere merito.
Aproposito di pregi collaterali. Sapete chi ho rincontrato dopo quattordici anni? Ma Vittorio Bonetti!, il grande artista da pianobar, uno che la notte te la fa andare via in un soffio. Come quella volta che alla festa di “Cuore” mi fece cantare con lui e Fabio Fazio fino alle quattro. E’ pimpante più che mai. Ieri ha sparato una splendida serie di canzoni di Jannacci. Poi a un certo punto un signore con i capelli candidi e il bicchiere di vino davanti gli ha urlato “I Nomadi!”. Mi sono voltato. Gesummaria! mi son detto. I “miei” Nomadi invocati da uno con i capelli candidi, come ai nostri tempi mia nonna aspettava in tivù Sergio Bruni o Luciano Tajoli. Ragazzi, ma quanto tempo è passato? Chi siamo? Da dove veniamo? E soprattutto: dove andiamo?