di Giovanni Belfiori
E’ la voce delle Feste, lo è stato per quelle dell’Unità e continua a esserlo per quelle del Partito Democratico. Vittorio Bonetti, romagnolo, instancabile cantautore-viaggiatore delle feste, anche nella stagione 2008 è stato presente in diverse regioni italiane, portando la sua musica e facendo cantare fino a tarda notte migliaia di persone di ogni età.
Vittorio, come ti è sembrata la prima stagione delle feste democratiche?
Ho trovato intatta la voglia di partecipare, di essere protagonisti di una stagione di cambiamenti e questo nonostante il periodo politico difficile, anzi forse proprio per questo le feste sono più che mai importanti, un modo per farci incontrare, per stare insieme.
E per te cosa è cambiato?
Lo scorso anno a Bologna, un gruppo di amici, di compagni mi ha scritto una lettera in cui mi dicevano: Vittorio canta ancora per noi nel PD. La cosa che mi ha fatto piacere è che la gente abbia ancora voglia di ascoltarmi e cantare insieme. Quello che ho iniziato e continuo a fare è esattamente questo: cantare per loro. Io non vado dietro alle mode, io sto con la mia gente.
Sai che abbiamo avuto più volontari? Sono arrivati soprattutto giovani e donne che non avevano mai avuto esperienze di partito. Le feste, insomma, si confermano come un grande catalizzatore di energie, di volontariato, di tempo messo a disposizione gratuitamente.
L’ho sempre sostenuto. Eravamo agli inizi dell’era Berlusconi, nel 1989 mi trovavo a Genova, mi chiesero di partecipare a una trasmissione a Canale 5 ma risposi di no, non perché sono ‘duro e puro’ ma perché le feste sono a mio parere la vera contrapposizione alla finzione mediatica della tv. Le feste sono la concretezza, stare insieme alla gente in carne e ossa è l’antidoto a un certo tipo di televisione. Per carità, la tv è importante, ma più importante è parlarsi, confrontarsi. Noi abbiamo questa forza enorme di avere luoghi dove incontrarsi, dove fare politica. E’ uno strumento straordinario che non dobbiamo perdere.
Questo anno c’è stato anche un incremento delle feste nel sud Italia.
Quando ho partecipato a feste in meridione, sono sempre stato impressionato dalla forza dei giovani. Siamo in zone difficili, a volte drammaticamente difficili e la vera forza su cui puntare è quella dei giovani.
Quale futuro vedi per le Feste Democratiche?
Le feste sono fatte dalla gente. Ho trovato molto saggio lasciar scegliere a ogni realtà il nome della Festa e mi sembra che tutto sia stato molto tranquillo. Credo che ciò che è importante è la sostanza, sono le persone. Ho un episodio da raccontarti. Questo anno, a Reggio Emilia, una signora di 85 anni mi si avvicina, io avevo appena cominciato a suonare, lei mi chiede una canzone partigiana, allora le propongo Bella Ciao, ma lei risponde no, no, altre canzoni, che tu non sai.
E insomma questa signora, che indossava ancora il grembiule di cucina perché lavorava come volontaria nello stand della pizzeria, si mette a cantare vecchi canti partigiani e poi a un certo punto dice: Voi siete qui, allegri, in libertà, ma non dovete dimenticare che se siete qui in questo modo è perché c’è chi ha dato anche la vita per la vostra libertà.
Ora io mi chiedo dove c’è un altro posto dove, senza retorica, senza prosopopea, una signora di 85 anni si alza e pronuncia queste bellissime parole? Non, non c’è altro che posto che le nostre Feste.
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